“L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.”
Egregio signor Presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana, on. sen. Monti;
Egregio signor Presidente della Repubblica Italiana, on. Napolitano;
Mi permetto di scrivere a Voi questa mia lettera aperta perché il momento storico è, a mio avviso, uno dei più delicati che la nostra giovane Repubblica stia vivendo. Se lo slogan degli anni ’60 era “potere ai giovani”, ora io lo cambierei in “potere al popolo”. Stiamo assistendo, quasi impotenti, a un progressivo svuotamento del reale potere di controllo del popolo nei confronti del Sistema, vale a dire della struttura dello Stato. Di fatto, la sovranità non appartiene più al popolo, di fatto la sovranità è stata progressivamente spostata a favore di segreterie di partito, lobby economiche, grandi centri di affari internazionali, banche, finanziarie, etc etc etc. La sovranità è stata spostata a favore del DENARO. La Banca Centrale Europea, organismo tecnico, chiede che in Italia si facciano sacrifici per contenere la crisi e lo sperpero di denaro, ma questo si traduce in un rigore economico/finanziario che esaspera la popolazione già afflitta dalla crisi. Le banche, che hanno operato per anni e anni in un limbo giuridico che nessun paese ha osato ancora disgregare e rendere illegale, hanno sperperato i soldi dei risparmiatori creando fumo dal fumo (i famosi derivati) e poi, come mendicanti al cospetto del popolo sovrano, hanno chiesto umilmente scusa e supplicato il loro salvataggio… con i soldi dei contribuenti! La logica di mercato, di fatto, ci ha portato a questa crisi, ma allo stesso tempo non ci aiuta a uscirne. Signor Presidente del Consiglio, la sua politica liberista avrà anche portato i conti della Repubblica ad essere parzialmente in ordine, ma ha causato ancora una volta una disparità nei trattamenti dei contribuenti. L’art. 53 della Costituzione, ancora vigente fino a che lobby non voglia, recita che “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.” Aumentare le imposte, le accise e l’IVA non è per nulla conforme a questo criterio.